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Il Giro d’Italia e le strade che nessuno racconta

La 108ª edizione del Giro d’Italia partirà venerdi 9 maggio 2025, con una tappa tutta albanese, da Durazzo a Tirana. Tre settimane di gara, 21 tappe, oltre 3.000 chilometri. Si chiuderà il 1° giugno a Roma, con una tappa simbolica alla Città del Vaticano, in omaggio a Papa Francesco, scomparso da poco. Tra i favoriti, ci sono Tadej Pogacar, Remco

Evenepoel, Filippo Ganna e Primoz Roglic. Ci aspettano cronometro, salite dure, e passaggi storici come lo Stelvio e il Monte Grappa.

Ma mentre tutti gli occhi sono puntati sui grandi nomi e sulle tappe decisive, c’è un’altra corsa, più silenziosa, che va avanti da anni. Un Giro che non si vede in TV, ma che racconta molto di questo Paese.

Il Giro invisibile

Ci sono centinaia di piccoli comuni dove la passione per il Giro non è mai andata via.

Secondo i dati dell’ANCI, oltre il 60% dei comuni con meno di 5.000 abitanti non ha mai ospitato una tappa. Eppure, ogni anno, si organizzano mostre o proiezioni in piazza. In molti di questi borghi, il Giro è una vera e propria festa. Anche nelle carceri italiane, a loro modo, ritroviamo il Giro d’Italia. A Bollate, a Rebibbia e in altri istituti, esistono progetti in cui i detenuti seguono le tappe pedalando su rulli o partecipando ad attività sportive ispirate alla corsa. Sono iniziative sostenute da ONG come Sport Senza Frontiere. Niente a che vedere con l’agonismo, ma il senso è un altro: pedalare come esercizio di libertà, anche dentro un luogo chiuso. E poi c’è Scampia. In un quartiere troppo spesso raccontato solo per criminalità, il centro educativo “Ruota Libera”, insieme alla UISP, propone ai bambini di disegnare tappe immaginarie del Giro. Ogni foglio è una corsa: si imparano i nomi delle città e si inventano percorsi.

Le strade dimenticate del ciclismo

Per motivi di sicurezza o logistica, il Giro d’Italia ha lasciato da parte alcune delle strade più belle e dure del nostro Paese. Ma quelle strade non sono morte: sono diventate mete per cicloamatori, eventi vintage, ricordi. C’è la Strada della Futa, tra Toscana ed

Emilia-Romagna, oggi celebrata dalle manifestazioni dell’Eroica. Il Passo della Spina, tra Umbria e Marche, lo usano in allenamento le squadre professionistiche, ma pochi lo conoscono davvero: pendenze dure, silenzio e boschi. Il Tracciolino della Val Codera, in Lombardia, non è adatto alle gare, ma i panorami sul Lago di Como valgono ogni fatica. La vecchia ferrovia Sicignano-Lagonegro, ormai ciclovia, attraversa boschi e montagne del

Sud, lontano dai riflettori. E poi c’è la Statale Amalfitana, troppo stretta per il Giro, ma ogni giorno all’alba qualche ciclista la percorre, in silenzio, con il mare accanto. Tutte queste strade raccontano qualcosa e chi pedala lì, per sé o per il paesaggio. E questo è ciclismo, puro.

Un Giro che racconta l’Italia

Il Giro è un evento sportivo, ma è anche un racconto collettivo. Parla di fatica e bellezza.

Unisce e divide. Mentre i campioni si giocano la “maglia rosa”, una parte dell’Italia è silenziosa ma continua comunque a pedalare: non per vincere, ma per esserci e revocare ricordi ed emozioni. Ed è proprio li che risiede il vero significato del Giro d’Italia.

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