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Tutti pazzi per i podcast

Il fenomeno podcast e i motivi del suo successo: Roberta Chiarello, giornalista professionista e tutor del Master in giornalismo della LUMSA, nonché direttrice del podcast “inclusiva-mente”, curato dagli studenti dello stesso ateneo romano, fa il punto in questa intervista per Aiko.

Che cos’è un podcast?

Il podcast è un racconto, non un servizio radiofonico o un elenco di informazioni.

L’obiettivo di un podcast è raccontare una storia e guidare l’ascoltatore attraverso un viaggio che ha un inizio e una fine. Ogni storia ha una sua struttura portante. Il podcast deve avere una introduzione, uno svolgimento (o corpo centrale), e una conclusione che tiri le somme di quello che si è voluto raccontare. La struttura e l’impostazione del racconto variano in base al tipo di podcast. Ad esempio, se si tratta di podcast il cui contenuto è espresso in puntate singole, oppure in più puntate. 

Come mai, attualmente, il racconto tramite podcast ha così successo rispetto a una storia raccontata attraverso altre forme di comunicazione?

I motivi sono tanti e diversi. In primis perché i podcast possono essere svolti su qualsiasi argomento, a partire dalla chiacchierata su questioni di vita quotidiana fino ad argomenti più seri, come trattazioni storiche o temi di attualità e geopolitica. Il ventaglio è davvero ampio. Tuttavia, ciò che aggiunge di nuovo è il suono.

Così come la televisione ha la potenza dell’immagine, il podcast ha come unico mezzo la voce e il suono. Sono molto più invogliata ad andare avanti nell’ascolto di un podcast se ha un sound design eccellente, se c’è una cura di suoni, rialzi e jingle che fanno immedesimare l’ascoltatore nel racconto. Sono molto più efficaci podcast che alla voce aggiungono montaggi con suoni vari ed eventuali. È chiaro che in un podcast la cui intenzione è essere una chiacchierata, sta tutto nella bravura dello speaker. Se invece è presente uno script ben delineato, non basta uno speaker coinvolgente, ma bisogna rendere la puntata avvincente con un uso sapiente dei suoni. 

È vero che il podcast è un mezzo che ci permette di entrare più in empatia con la storia e con chi la racconta comunicando un’atmosfera di maggiore familiarità e rilassatezza?

Sì, è vero. Il podcast è un approfondimento, e quindi si allontana dalla inevitabile narrazione frenetica delle notizie alla quale assistiamo tutti i giorni. Viene pubblicato in differita, non in diretta, è un qualcosa a posteriori, e questo riguarda anche quelli che trattano temi di attualità. È una forma di comunicazione che conferisce più spazio e tempo a un singolo argomento; di conseguenza, anche podcast che durano solamente cinque minuti evocano nell’ascoltatore una sensazione di maggiore rilassatezza e familiarità con il contenuto. Un esempio concreto è il podcast “Mele”, prodotto da “Torcha”, un progetto editoriale di informazione che, in pochi minuti, permette di cogliere il senso dell’approfondimento ad ogni puntata. 

L’ingrediente segreto per un bel podcast esiste?

L’ingrediente segreto per un bel podcast è la voce e l’uso che se ne fa.

Esistono speaker bravi e speaker fenomenali. Pablo Trincia in tal senso è un fuoriclasse. Oltre a compiere un massiccio lavoro di ricerca e un montaggio sapiente, l’andamento, il tono e il ritmo della sua voce riescono a trasportare l’ascoltatore all’interno dell’atmosfera da lui creata, legandolo allo stato emotivo del protagonista del racconto. Saper dosare questi elementi traccia un confine che determina la differenza fra una voce sonnolenta e noiosa, e una che è invece appassionante e versatile. Questa è una qualità che deriva dall’esperienza e dal talento. 

Come mai così tante persone vogliono fare podcast?

Quando un prodotto diventa virale le persone vogliono capire di cosa si tratta, non solo fruendone ma anche sperimentandolo. Interessa molto i giovani perché è un modo per esprimere le proprie idee, per farsi sentire e per mettersi in gioco. Dopodiché, ad oggi, è facile creare un podcast e ottenere un risultato soddisfacente anche senza avere una struttura professionale alle spalle. Non è difficile procurarsi gli strumenti base per cominciare.

Bisogna aggiungere, poi, che si tratta di una forma di comunicazione indipendente, il che significa essere liberi di parlare di qualsiasi argomento e, soprattutto, c’è la possibilità che da una realtà piccola, con un budget basso, si possano raggiungere tante persone e acquisire notorietà: questo può fare gola. 

Non c’è il rischio di ricevere informazioni poco attendibili vista l’ampia offerta e la facile accessibilità a questi strumenti?

Sì, l’unico modo per capire quali siano valide e quali non, è saper riconoscere una fonte attendibile da una meno attendibile. Operazione che, con i podcast, non è semplice fare. Tuttavia, è resa possibile se nella scelta di ascolto tengo a mente l’attendibilità di una persona rinomata e conosciuta rispetto a una qualunque. Questo non significa che la voce più conosciuta sia per forza quella più attendibile, ma c’è meno rischio. Nessuno vieta di sentire più voci. La scelta migliore sarebbe coniugare la voce più conosciuta ad altre meno conosciute, tenendo conto della differente autorevolezza di ciascuno, e in seguito, trarre le proprie conclusioni.

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