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50 anni fa il delitto Calabresi, pagina triste della Repubblica

Sono trascorsi 50 anni da quel 17 maggio 1972, quando a Milano, alle ore 9:15, Luigi Calabresi – Commissario Capo di Pubblica Sicurezza e addetto all’Ufficio politico della Questura di Milano – venne assassinato davanti alla sua abitazione. 

I responsabili dell’omicidio furono individuati soltanto 16 anni dopo: Ovidio Bompressi e Leonardo Marino come esecutori, Giorgio Pietrostefani e Adriano Sofri come mandanti, tutti esponenti di “Lotta Continua” (sinistra extraparlamentare). La magistratura, dopo un lungo iter giudiziario, decretò  nel gennaio 1997 la condanna in via definitiva di Sofri, Bompressi e Pietrostefani a 22 anni di reclusione e di Marino a 11 anni.

L’omicidio del Commissario Calabresi

Il delitto avvenne a seguito della campagna di denigrazione dai toni violenti contro il commissario Calabresi condotta dal movimento “Lotta Continua”. “Calabresi assassino”, “Calabresi sarai giustiziato”, “Calabresi farai la fine di Pinelli”: queste le scritte che si scorgevano sui muri vicino la sua casa. 

Il sentimento di rabbia nei confronti del Commissario nacque dopo il 15 dicembre 1969, data in cui Giuseppe Pinelli – esponente dei movimenti anarchici milanesi – perse la vita precipitando dalla finestra dell’ufficio della Questura di Milano. In quella stanza si stava tenendo l’interrogatorio di Pinelli da parte di Calabresi, relativo alle indagini sulla strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969. Nonostante la magistratura avesse più volte dichiarato che il commissario Calabresi non si trovava nella stanza al momento dell’accaduto, in molti ambiti si continuò a ritenere che Pinelli fosse stato volontariamente ucciso, spinto dalla finestra o addirittura indotto alla morte a causa dei metodi “poco consoni” usati nel corso dell’interrogatorio.

La moglie del Commissario

“Ho fatto un percorso inverso a quello dei terroristi. Loro disumanizzavano le vittime, illudendosi di uccidere dei simboli. Io li ho umanizzati, arrivando a capire che c’erano vittime anche tra loro”. Queste le parole di Gemma Calabresi Milite, moglie del Commissario, rilasciate in un’intervista al Corriere della Sera lo scorso 27 febbraio. Difatti, l’1 marzo Mondadori ha pubblicato “La crepa e la luce”, libro in cui Gemma racconta il duro percorso che ha affrontato in tutti questi anni, dall’attentato al marito al perdono degli assassini. 

Nell’intervista Gemma racconta che il marito era una persona buona, che si fermava sempre a parlare con i giovani ragazzi che arrestava durante i cortei violenti, con coloro che “gettavano le molotov”, per comprendere le ragioni che li spingevano verso la lotta armata. Per questo motivo, dopo l’omicidio del marito, Gemma riferisce di aver ricevuto tante lettere di ragazzi che desideravano ringraziare il commissario per averli riportati “sulla retta via”.

L’omicidio Calabresi fu il primo di tanti delitti che saranno poi eseguiti con la stessa tecnica negli anni successivi, da parte delle Brigate Rosse. Oggi, ricordiamo il Commissario Luigi Calabresi come un eroe, “difensore del bene comune”. Proprio per questo nel 2004 è stato insignito della Medaglia d’Oro al Merito Civile dal Presidente della Repubblica Ciampi con le seguenti motivazioni: 

“Fatto oggetto di ignobile campagna denigratoria, mentre si recava sul posto di lavoro, veniva barbaramente trucidato con colpi d’arma da fuoco esplosigli contro in un vile e proditorio attentato. Mirabile esempio di elette virtù civiche ed alto senso del dovere”.

Giulia Rugolo

Studentessa di giornalismo, MUN Director in United Network, amante di libri, musica, pattinaggio. Scrivo per respirare il cambiamento.

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