Attualità

La mascolinità tossica

Dal caso Gillette alla voce dei giovani

La mascolinità tossica consiste in una serie di atteggiamenti che tendono ad assumere gli uomini, come il nascondere le emozioni per paura di mostrarsi vulnerabili. C’è la tendenza a esternare durezza, a volte aggressività che può sfociare nella violenza. È un fenomeno sociale ancora presente, perciò è bene parlarne per abbattere dei muri e lanciare il messaggio che tutti gli uomini sono tali al di là della loro sensibilità, delle loro tendenze sessuali, dei loro sogni e delle loro fragilità. Ci sono molte campagne di sensibilizzazione che si fanno per tutelare l’identità personale, contro ogni forma di pretesa sociale e violenza. È però importante continuare a parlarne affinché questi meccanismi negativi scompaiano del tutto.  

Il caso dello spot Gillette

Il marchio americano di prodotti per la cura della persona fece uno spot pubblicato il 15 gennaio 2019. Il breve video proponeva lo slogan “We believe”, lanciando una campagna di sensibilizzazione sulla mascolinità tossica. La reazione immediata fu la perdita di circa 300.000 follower. Un numero considerevole per un’azienda, eppure la risposta di Gillette fu sostanzialmente il disinteresse. Non bisogna pensare infatti che l’azienda ci abbia rimesso mostrando la propria identità e i valori in cui crede. In realtà è provato che le community coese sono le basi migliori per la costruzione della reputazione, perché sono più solide. Scelgono l’azienda non solo per quello che vende ma anche perché si allinea alla propria etica. Infatti a lungo termine i risultati di questa campagna furono assolutamente positivi per Gillette, a dimostrazione che una scelta rivoluzionaria non è sempre distruttiva.

Avrà perso tutti coloro che di mascolinità tossica ne facevano il proprio stendardo di vita, magari alcuni saranno rimasti e avranno riflettuto su se stessi. D’altro canto avrà acquisito e fidelizzato quegli uomini che invece si allineano alla sua etica.  Alla domanda se questo spot è stato tradotto e trasmesso in Italia, la risposta è no. L’azione di Gillette non significa che le aziende devono sempre prendere la parola su tutto quello che accade, ma sarebbe una buona scelta esprimersi su temi inerenti la politica del brand. Questo approccio si definisce brand activism ed è importante per influenzare l’opinione pubblica in positivo. Uno spot di una marca nota può infatti raggiungere un numero di persone vastissimo, più di quanto possa fare qualsiasi giornale o blog.

I giovani cosa ne pensano?

Un sondaggio anonimo, fatto ai fini di questo articolo su un campione di 50 persone tra i 18 e i 30 anni, ha rivelato dei risultati interessanti. Primo fra tutti una risposta unanime da parte di tutte le ragazze che hanno partecipato, nell’aver avvertito nel corso della loro vita questi atteggiamenti da parte di uomini che le circondavano. Più controverse le risposte dei ragazzi, che per l’82,6% ritengono che sia un fenomeno più debole rispetto al passato, mentre la maggioranza delle ragazze pensa che sia presente con la stessa forza (55,6%). Esiste comunque in entrambi i casi una piccola percentuale secondo cui questo fenomeno sia addirittura più forte oggi. Forse perché se ne ha più la consapevolezza. Il 59,1% dei ragazzi ha dichiarato di aver assunto comportamenti di questo tipo, anche se lievi. L’atteggiamento più frequente sembra essere quello di trattenere le emozioni e il “machismo”, oltre al senso di prevaricazione nei confronti del sesso femminile e la mancanza di rispetto, che vengono riconosciuti anche tra i più nocivi.

Miriana Dante

Studentessa di giornalismo, affascinata dal mondo. Amante di viaggi, fotografia, libri e storia. Credo nella professionalità e nella buona informazione.

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