Cultura

Benigni e la Costituzione, “canta la libertà e la dignità”

“Penso che un sogno così non ritorni mai più”… Citando la celebre canzone di Modugno, Roberto Benigni ha aperto la prima serata del Festival di Sanremo di quest’anno. Ospite a sorpresa, sul palco, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, davanti al quale Benigni ha recitato un lungo elogio alla nostra Costituzione, che quest’anno compie 75 anni. Un sogno, la definisce l’attore toscano, “perché i nostri padri fondatori e le nostre madri fondatrici l’hanno sognata, e chi sogna arriva prima di chi pensa”.  

La Costituzione è stata desiderata in quel non troppo lontano 1944, quando si decise di istituire un’Assemblea Costituente. L’Italia si trovava a ripartire da zero, alla fine del ventennio fascista e alla fine della Seconda Guerra Mondiale, in un clima di tensioni, paure per il futuro, ma con un forte desiderio di cambiare la vita di chi sarebbe arrivato dopo, perché “un mondo migliore è possibile”. 

Come nasce la Costituzione

La nostra Costituzione nasce il 2 giugno del 1946, quando l’Assemblea Costituente venne eletta con sistema proporzionale, chiamando per la prima volta al voto le donne. Si costituì una Commissione per la Costituzione, composta da 75 membri (la Commissione verrà quindi chiamata anche “Commissione dei 75”) scelti fra i componenti dell’Assemblea Costituente e divisi all’interno di tre sottocommissioni, chiamati a occuparsi rispettivamente di diritti e doveri dei cittadini, organizzazione costituzionale dello stato, rapporti economici e sociali.

La Commissione presieduta dall’onorevole Meuccio Ruini concluse i suoi lavori approvando un “Progetto di Costituzione della Repubblica Italiana”, poi presentato all’Assemblea Costituente (presieduta dall’onorevole Umberto Terracini), che diede l’approvazione definitiva il 22 dicembre del 1947.

Il 1 gennaio del 1948: il nuovo anno iniziava con la nuova Costituzione della Repubblica Italiana, firmata dal primo Presidente, Enrico de Nicola. 

Per l’Italia si respirava una nuova aria che profumava di libertà. 

La struttura 

“Canta la libertà e la dignità dell’uomo”: così Benigni ha iniziato il suo monologo sanremese sulla Costituzione, da lui definita come la più bella delle canzoni mai scritte. Un canto che ha concesso agli italiani libertà prima negate, stessi diritti per tutti i cittadini, riconosciuti uguali davanti alla legge (art.3).

La nostra Carta Costituzionale si apre proprio con quelli che sono i “Principi Fondamentali”: 12 articoli che fondano i valori alla base della nostra Repubblica e intorno ai quali si muove a sua volta l’ordinamento giuridico. Segue la prima parte, con i “Diritti e doveri del cittadino”, suddivisi in quattro titoli, in cui si descrivono e regolano i rapporti civili, etico-sociali, economici e politici. La seconda parte, dedicata all’“Ordinamento della Repubblica”, è divisa in titoli e sezioni, e si preoccupa della struttura e degli organi del nostro ordinamento, definendone ruoli e doveri. La Costituzione si conclude con le “Disposizioni transitorie e finali”, pensate per gestire il passaggio dal precedente ordinamento a quello repubblicano.

Il principio di speranza e fede

«Questa Carta che stiamo per darci è, essa stessa, un inno di speranza e di fede. Infondato è ogni timore che sarà facilmente divelta, sommersa, e che sparirà presto.

No, abbiamo la certezza che durerà a lungo, e forse non finirà mai, ma si verrà completando ed adattando alle esigenze dell’esperienza storica. […] E così avverrà; la Costituzione sarà gradualmente perfezionata; e resterà la base definitiva della vita

costituzionale italiana. Noi stessi – ed i nostri figli – rimedieremo alle lacune ed ai difetti, che esistono, e sono inevitabili».

Queste furono le parole di Meuccio Ruini il 22 dicembre del 1947, parole che racchiudono il desiderio di un popolo che è Nazione, una speranza e una fede che il nostro Paese deve portare avanti, per non deludere i nostri padri fondatori e le nostre madri fondatrici. “Perché l’unica maniera per fare qualche cosa di utile per il futuro è tenere il passato nel presente”.

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