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Io per un po’… diplomatica, dalla Lumsa alle Nazioni Unite

Nella zona ovest della costa di Manhattan, a Midtown, tra i tanti grattacieli si distingue quello che ospita la sede delle Nazioni Unite, il cuore delle decisioni politiche e diplomatiche dell’intero pianeta.

Nell’ambito di un progetto al quale partecipano anche studenti dell’Università LUMSA di Roma, mi sono ritrovata, a diciannove anni, ad accompagnare lo scorso 7 marzo, in qualità di Tutor, un gruppo di ventidue liceali a New York City, dove abbiamo avuto l’opportunità di simulare una seduta dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite e di visitare il palazzo dell’ONU.

Si tratta del cosiddetto “Palazzo di vetro”, un edificio così chiamato perché tutta la facciata frontale dell’edificio è stata realizzata con questo materiale. La scelta del vetro era stata fatta per esprimere l’idea di “trasparenza” nei confronti del mondo: ciò che viene deciso all’ONU deve essere infatti basato sulla cooperazione e l’apertura tra tutti gli Stati membri e deve essere visibile a tutti.

In particolare, abbiamo avuto l’occasione di visitare sale istituzionali come l’”Economic and Social Council” e di assistere ad alcune sessioni diplomatiche degli Stati durante le discussioni. 

Il delegato, dal gioco alla realtà

Prima di partire per New York sapevo che i ragazzi che avrei dovuto accompagnare fremevano al pensiero di visitare questa città, ma il mio obiettivo era di farli innamorare del mondo delle Nazioni Unite. Dopotutto saremmo partiti con United Network, l’organizzazione che ci permette di simulare una seduta dell’Assemblea Generale, facendo coincidere il divertimento e la scoperta della grande mela con la professionalità della simulazione. Mai e poi mai avrei immaginato di poter scrivere dell’emozione provata mentre ascoltavo la sessione dedicata al dibattito (quella vera, al Palazzo di vetro): i miei ragazzi mi hanno pregata in tutti i modi di poter restare e di poter vedere dal vivo il mondo che cambia. 

È stato esattamente lì che ho preso consapevolezza del potere di quel luogo, della grande sala dell’Assemblea generale. Caratterizzata da un enorme foglio d’oro come muro e dal grande logo delle Nazioni Unite che raffigura la pace tra tutti i continenti, mi sono davvero resa conto di aver potuto mettere i piedi dove alcuni, grandi personaggi, hanno cambiato la storia più recente. 

Apri gli occhi e la mente

È stata un’esperienza che mi ha convinta a credere che chiunque, almeno una volta nella vita, dovrebbe visitare la sede dell’ONU. Di particolare impatto è stato vedere, ad esempio, lungo i muri dell’edificio, il “Daily military expenditure worldwide”, un contatore che, in tempo reale, misura la spesa militare giornaliera nel mondo. Da mezzanotte alle 12:30 del 7 marzo erano stati spesi sei miliardi, duecentosettantatre milioni, novecentosettantaquattromila, ottocentosessantatre dollari. Tutti per le guerre. Sono convinta che vedere queste cifre responsalizzerebbe perfino gli abitanti del paesino più sperduto del pianeta.

Religioso silenzio

Dai piani più alti dell’edificio (il grattacielo è alto 154 m), è poi possibile vedere Manhattan in tutto il suo splendore. Eppure il Palazzo di vetro sembra un mondo a sé, distaccato dall’isola. In una città rumorosa, in cui regna un caos di clacson, urla e sirene, all’ONU vince il silenzio. Un silenzio di rispetto e di riflessione, che ti permette di tirarti fuori dalla giungla urbana e di osservarla dall’esterno. Improvvisamente non ti senti più un filo d’erba qualunque. Hai un potere e lo puoi usare, quello di cambiare le cose. O almeno a me è andata così.

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