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Le rivolte arabe: dieci primavere dopo

Primavere Arabe: la miccia

Mohamed Bouazizi, giovane venditore ambulante tunisino, fece esplodere le “Primavere Arabe” quando, in seguito al sequestro della merce da parte della polizia, decise di darsi fuoco, in segno di protesta, poiché non aveva altro modo per poter sostenere la famiglia.

Questo termine fu coniato per l’analogia con la primavera “occidentale” di Praga del 1968. Designa una serie di rivolte, prevalentemente giovanili, avvenute in molti paesi del mondo arabo, che hanno portato alla destituzione di quattro dittatori (Ben Ali in Tunisia, Mubarak in Egitto, Gheddafi in Libia, Saleh in Yemen).

In Tunisia

La protesta di Mohamed Bouazizi dà avvio alla famosa Rivoluzione dei Gelsomini, una drammatica ondata di disordini sociali e politici che hanno portato a decine di morti per i tentativi di repressione. Le proteste hanno fatto cadere il vecchio regime, con le dimissioni del capo di stato Ben Ali dopo ventitré anni di mandato.

La Tunisia era il paese più pronto a recepire un cambiamento. La politica di Burghiba, primo presidente della Repubblica di Tunisia, aveva creato una classe media; oltre ai diritti della donna, cui il presidente aveva tolto l’obbligo del velo, ci fu un miglioramento nella modernizzazione e occidentalizzazione, un fermento che il successivo presidente Ben Ali non capì.

Proprio grazie a una classe media forte la Tunisia è l’unica storia di successo delle Primavere Arabe e la si potrebbe definire oggi una democrazia. La transizione politica è andata avanti, si tengono nuove elezioni, c’è relativa libertà di stampa e di opinione pur dovendosi spesso confrontare con atti terroristici che mettono alla prova la stabilità politica. Adesso la crisi economica, acuita dal Covid, sta destabilizzando i risultati raggiunti. La Tunisia rimane comunque il faro da cui sono iniziate le proteste, accendendo speranze in tutto il mondo arabo e non. La “Rivoluzione dei Gelsomini” ispirò la propagazione delle “Primavere Arabe

In Egitto

Ci fu la “giornata della rabbia”, una rivolta con migliaia di giovani in piazza Tahrir e la violenta repressione di Mubarak sulla folla che lo costrinse in breve alla fine del suo mandato (era in carica dal 1981).

Seguirono le elezioni con la vittoria dei Fratelli Musulmani, islamici più radicali, il cui governo durò solo un anno, quindi il colpo di Stato militare con il potere nuovamente nelle mani di un generale: Al Sisi.

Nel quinto anniversario della Giornata della Rabbia (2016) fu sequestrato, poi torturato e ucciso, il ricercatore italiano Giulio Regeni. Da allora sono state fatte molte pressioni sul regime egiziano per eliminare le leggi speciali sulla carcerazione preventiva senza processo: inutilmente. Ne sa qualcosa Patrick Zaki, studente universitario bolognese, arrestato e portato in prigione il 7 febbraio 2020. La cacciata del dittatore non ha portato al rovesciamento del sistema.

In Libia

La Primavera Araba arrivò più lentamente e la situazione sembrava inizialmente più calma; tra febbraio e marzo 2011 invece le proteste iniziarono a esplodere da Bengasi. A metà marzo, in quattro giorni si decise il destino della Libia: i ribelli si armavano, il Consiglio di sicurezza dell’ONU votò una “no fire-zone” mentre proseguiva l’assedio di Bengasi e in questo scenario Gheddafi venne sconfitto con l’intervento della NATO.

In Yemen

Uno Stato molto più tribale, alla caduta di Saleh il conflitto è sfociato nella più grave carestia del mondo, ancora in corso.

In Siria

Dopo le rivolte è diventata il fulcro di interessi politici internazionali contrapposti. Il paese è ancora governato da Assad. È quasi una Monarchia (Hafiz al-Assad padre e poi il figlio Bashar Hafiz al-Assad) e il presidente mantiene il potere con l’appoggio dell’Iran, degli Hezbollah libanesi e della Russia.

La rivolta siriana radicalizzata e il disastro iracheno hanno portato alla nascita dello Stato Islamico e a un’instabilità prolungata dove Assad prevale con la protezione della Russia. Il Paese è in macerie e un siriano su due non è più a casa, ma rifugiato in Turchia, Libano,Europa e U.S..

Una storia aperta

“Il desiderio di ribellione di una nuova generazione e la richiesta di dignità da parte dei giovani sono state le principali ragioni per cui siamo scesi in piazza”, dice Zeineb, un’infermiera che lavora in Italia dal 2012 e che nella primavera del 2011 era fra i ragazzi in strada a Tunisi.

Le Primavere Arabe sono state dirottate dagli estremismi e hanno provocato un contraccolpo conservatore ma sono represse solo in parte: il popolo libanese si muove e gli algerini tengono le piazze per cinquanta settimane fino all’arrivo del Covid.

Le storie continueranno a evolversi…

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