Cinema

“C’è ancora domani”: il riscatto sociale di tutte le donne

La storia di Delia

La prima opera di Paola Cortellesi, “C’è ancora domani” è ambientata nella Roma del dopoguerra dove incontriamo Delia, moglie e madre prima ancora che donna, sottomessa alla violenza del marito, Ivano, e alla cattiveria del suocero. Delia svolge vari lavori, si occupa del suocero malato e dei figli, ma tutto quello che fa non è mai abbastanza per il marito che fa di ogni minima distrazione della donna un pretesto per alzarle le mani. La vita di Delia e della sua famiglia verrà però sconvolta dall’arrivo di una misteriosa lettera. 

Il loro passato è il nostro presente 

Paola Cortellesi ha debuttato quest’anno nelle sale italiane con “C’è ancora domani”, di cui non è stata solo regista ma anche co-sceneggiatrice e protagonista. Viene raccontata la storia di Delia per narrare la storia di tutte: dall’amica Marella (interpretata da Emanuela Fanelli), che ha sempre spronato Delia a lasciare il marito e a scappare; alla negoziante Franca (interpretata da Paola Tiziana Cruciani), non sposata e unica responsabile dei suoi affari; alla figlia Marcella (interpretata da Romana Maggiora Vergano), che, obbligata dal padre a non poter continuare i suoi studi, si accontenta del matrimonio, con la speranza di non dover andare incontro allo stesso destino della madre. La Cortellesi è stata brava a raccontare questo dramma, questa dura verità che ha a che fare con la prevaricazione maschile che le donne hanno dovuto combattere e che continuano a combattere. È attraverso la tecnica del bianco e nero che ci rendiamo conto che non viene raccontata  una storia che appartiene solo al passato, ma anche al presente. L’umorismo e il sarcasmo, il “marchio di fabbrica” della regista, rendono le scene di violenza, le conversazioni, quella prevaricazione, mai scontate, mai banali; lasciano anzi una profonda amarezza negli spettatori, che subito avvertono una profonda empatia nei confronti della protagonista. 

Un film fatto di scelte rischiose 

L’originalità di questo film sta proprio nelle scelte della protagonista: rubare una parte del suo ricavato (ovviamente inferiore a quello di un uomo) per i suoi figli; affidarsi al soldato americano per non dare sua figlia in pasto alla sua stessa sofferenza; non buttarsi nelle braccia del suo primo amore e con lui scappare lontano. Delia non sceglie le scorciatoie, sceglie la strada tortuosa, quella buia, quella che ti fa paura, ma anche quella che ti mette alla prova. Importante è la figura del sodato nero americano che in mezzo a tanti soldati bianchi rappresenta il diverso, l’eccezione, la speranza. 

La Cortellesi ci ha dato con il suo film un messaggio molto forte: il problema non è l’uomo, è la società patriarcale, è credere che l’uomo sia indistruttibile e imbattibile (convinzione di cui peraltro lo stesso uomo è vittima). 

1946: Il primo traguardo 

Non è un caso che la storia di Delia sia ambientata nel 1946, data in cui nel nostro paese le donne hanno ottenuto il diritto al voto. Le donne votarono infatti per la prima volta il 10 marzo di quell’anno (e non il 2 giugno, giorno della scelta tra Repubblica e Monarchia): quel giorno si presentò alle urne l’89% delle donne. La maggior parte di quella percentuale erano donne come Delia, che prima di votare si sono tolte il rossetto così da non rendere la scheda nulla. Questa è stata una delle prime tappe che le donne hanno conquistato per diventare persone giuridiche e avere diritti.

“C’è ancora domani” non ha un fine provocatorio, il suo intento non è quello di ridicolizzare il genere maschile: vuole semplicemente raccontare la storia di Delia e della sua rivendicazione. 

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