Cultura

“Humans of New York”: un racconto fotografico della metropoli americana più famosa

L’idea

Nell’afosa estate newyorkese del 2010 il signor Brandon Stanton si svegliò e decise di rivoluzionare il genere della letteratura da viaggio, sviluppando –proprio come si fa con le fotografie- un progetto che avrebbe portato il suo nome in cima alle classifiche del New York Times. New York, la magica città che trabocca di strade, di quartieri, di persone. Allo scopo di creare un censimento fotografico di tutti gli abitanti della città, il fotografo raccolse centinaia di testimonianze -tra immagini e dichiarazioni- di coloro in cui si imbatteva.

Armato solo di macchinetta fotografica e di curiosità comincia a rivolgere a uomini, donne, bambini o anziani una o due domande sul loro passato o sul loro futuro. Si tratta di quesiti semplici ma carichi di significato: cosa volessero fare da grandi, o quale fosse stato il momento più triste della loro vita. Delle reazioni e delle risposte degli intervistati si compone il libro, che conta poco più di quattrocento pagine. “Humans of New York: stories”: il titolo stesso del fotoromanzo racchiude in sé il senso della ricerca dell’autore, che ha ammesso di voler mostrare le immagini e le storie di chi “sta cercando di raggiungere o sta vivendo il sogno americano.”

L’evoluzione del progetto

E man mano che la raccolta di ritratti e di interviste si riempiva, fu presto chiaro che non sarebbe stato possibile contenerle tutte in un libro. L’ambizioso progetto di Stanton continuò ad essere portato avanti, collocando le varie testimonianze e fotografie all’interno del sito www.humansofnewyork.com. Sarà per la sincerità che traspare dai ritratti delle persone intervistate, o magari per la vulnerabilità che si coglie nelle loro parole, o forse perché essendo scritte in inglese –e solo in inglese- queste storie ambiscono a raggiungere più persone possibile: fatto sta che da tutto il mondo, i seguaci di Stanton sono più di 20 milioni.

Il progetto dell’autore è in continua evoluzione: cinque anni fa egli decise di estendere la sua ricerca da New York ad altri venti paesi in tutto il mondo, e ad oggi il sito trabocca di episodi e fotoracconti di persone provenienti dal Messico all’Ucraina, dal Congo al Vietnam, dall’India all’Iraq. Nel corso della pandemia del COVID-19, Stanton decise per la prima volta di smettere di cercare storie per lasciare che queste venissero da lui: chiese a tutti i suoi seguaci di narrare le loro vicende “più straordinarie, per ispirare le persone durante la crisi”, credendo che potesse essere utile leggere di “ricordi una vita normale, di una felicità normale, di un amore normale”.

Perché leggerlo (e perché proprio in questo periodo)?

 Se ci fosse una parola per descrivere la sensazione trasmessa da Brandon Stanton nel suo capolavoro “Humans of New York: stories”, sarebbe “traboccante”. Le pagine –cartacee o digitali- di questo libro sono piene di storie, di vita, di energia. E quasi riesci a conoscerle quelle persone, a vivere insieme a loro, a ridere per quell’aneddoto divertente, o a piangere per quell’episodio straziante. Si tratta di qualcosa che di recente ha smesso di essere scontato: scoprendo questo libro durante la pandemia, ho avuto modo di “conoscere” tantissime persone in un momento in cui il contatto umano è tristemente rarefatto.

Questo libro profuma di vita. E non vedo l’ora di respirare nuove storie.

Francesca Belperio

Romana, classe ’01. Sono una giovane giurista con una passione per il giornalismo e i pinguini. Sogno di vivere a New York e nel frattempo mi cimento nel teatro, nella danza e nel campeggio. Determinata, ottimista, riflessiva: il mio motto? “Sorridi alla vita e la vita ti sorriderà”.

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