Attualità

Calabria: la ‘ndrangheta un male da estirpare

LA CALABRIA CHE REAGISCE
Nel corso degli anni sono state tante le testimonianze esemplari della lotta alla criminalità organizzata. Simbolo e uomo che guida la vera lotta, dentro le aule dei tribunali, è Nicola Gratteri, procuratore della Repubblica da sempre in prima linea contro questo male che rovina e dilania una terra meravigliosa come la Calabria e non solo. A dimostrazione di tutto ciò il 13 gennaio di quest’anno ha avuto inizio il maxi processo ‘’Rinascita Scott’’ nell’aula bunker di Lamezia Terme. Gratteri stesso l’ha definita «la più grande operazione dopo il maxi processo di Palermo». Il procuratore capo di Catanzaro sintetizzò così la “sua” operazione che ha travolto l’organizzazione delle ‘ndrine nel Vibonese coinvolgendo anche politici, imprenditori, professionisti, collusi e conniventi.

Non di minore importanza è stata la notizia appresa pochi giorni fa della cattura del boss Morabito avvenuta in Brasile. Morabito era considerato uno dei più potenti criminali, secondo solo a Matteo Messina Denaro. Da Africo a Milano al Sud America, Rocco Morabito, il super latitante calabrese, esponente di spicco della cosca Morabito – Bruzzaniti – Palamara di Africo Nuovo, arrestato a Joao Pessoa in Brasile insieme a Vincenzo Pasquino. A lui la ‘ndrangheta ha insegnato a muovere i primi passi, fino all’assunzione di una “pesante” eredità, quella di Nicola Assisi, altro grande broker di cocaina con radici a Platì ma residenza in Piemonte e legami in tutto il mondo.

LA ‘NDRANGHETA: ORGANIZZAZIONE E SIMBOLI
Nel dialetto calabrese ’ndranghetista significa ‘’membro della Onorata Società’’, in altri termini: uomo capace di avere e ricevere onore. La famiglia mafiosa calabrese chiamata “n’drina” si fonda sui legami parentali (quindi quelli di sangue) e sui rapporti esterni non necessariamente legati alla famiglia, quindi persone capaci di farsi riconoscere una grande fiducia ed un considerevole rispetto. La dimensione numerica dell’organizzazione è fondamentale per determinare il potere del suo capo, poiché da essa dipendono la forza di chi, appunto, sta al vertice. Fondamentale per ricoprire questo ruolo è la grande capacità di poter mettere in azione più persone per una ’’copertura” maggiore possibile su tutto il territorio. La compattezza e la stabilità del gruppo sono rafforzate da un ampio uso di rituali, simbologie e regolamenti.

Nella cultura mafiosa gioca un ruolo fondamentale un’idea strumentale e deformata di religiosità, ad esempio è particolarmente venerata la figura di San Michele Arcangelo. Cosa hanno a che fare i Santi, e in particolare San Michele, con i riti mafiosi? E perché proprio San Michele è uno degli oggetti privilegiati di questa devozione a rovescio? A questi quesiti possiamo rispondere facendo riferimento ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa nel 1993 a Reggio Calabria, nella quale a proposito di riti di affiliazione della ‘Ndrangheta si legge: ’’Bisogna prestare un giuramento in forza del quale il novello santista è obbligato a tradire anche i familiari pur di salvaguardare la “Santa” (la società criminale che si forma) sino a ‘’sgarrista” (un altro dei gradi) il protettore è San Michele Arcangelo, che rappresenta la giustizia e quindi il rispetto delle regole’’.

Si entra nella ‘ndrangheta, o in gergo mafioso si viene “battezzati“, con un rito che può avvenire automaticamente, poco dopo la nascita, se si tratta del figlio di un importante esponente dell’organizzazione, oppure con un giuramento, per il quale garantisce con la vita il mafioso che presenta il novizio, simile ad una cerimonia esoterica, durante la quale il nuovo affiliato è chiamato a giurare “nel nome di nostro Signore Gesù Cristo“. Il battesimo dura tutta la vita e uno sgarro è spesso pagato dall’intera famiglia del nuovo affiliato.

IL RISPETTO: UN LEGAME FONDAMENTALE NELLA GERARCHIA ‘NDRANGHETISTA
La compattezza e la coesione quindi sono le armi principali dell’organizzazione, minimo comune denominatore è “il rispetto”, un termine che nella cultura mafiosa assume significati molto più profondi che nell’uso comune. È un rispetto che nasce, si intreccia e si lega attraverso rapporti che hanno sempre più a che fare con matrimoni combinati tra famiglie, riti e doni. È un rispetto che si ottiene con il sangue, con la dedizione di un criminale alle prime armi che aspira a suo tempo a diventare boss.

Infatti vi è anche una gerarchia che i membri cercano di scalare così da battere la concorrenza: si parte dal grado più basso, quello del ‘’giovane d’onore’’, per poi arrivare al grado apicale del cosiddetto ‘’Padrino o Quintino’’. É attribuito a un numero ristretto di ‘ndranghetisti che in tale modo costituiscono all’interno dell’organizzazione una oligarchia, ed a loro competono diversi privilegi e altrettante responsabilità. Chi non fa parte della ‘ndrangheta viene definito “contrasto”, mentre i non appartenenti alla stessa, ma soggetti dei quali ci si può fidare e che potrebbero entrare a far parte dell’organizzazione, sono chiamati “contrasti onorati”.

Antonio Giulio Maria Fodaro

Scrivo per necessità, con tutto me stesso. Amo la vita, la musica e i lunghi viaggi. Credo nella bellezza, da ricercare nell'arte e dentro l'uomo.

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