Liberati i pescatori sequestrati in Libia
Liberi i 18 pescatori di Mazara del Vallo sequestrati il primo settembre al largo di Bengasi (Libia). Per ottenere la loro liberazione, il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e il ministro degli Esteri Luigi Di Maio sono stati costretti a volare fino a Bengasi ieri mattina, per incontrare il capo militare dell’Est della Libia, Khalifa Haftar. I pescatori sono partiti solo questa mattina a bordo dei loro pescherecci, “Medinea” e “Antartide”, a causa di un ritardo dovuto alla necessità di caricare le batterie di una delle due imbarcazioni rimaste ferme durante i 108 giorni di prigionia. L’arrivo è previsto per domenica. L’equipaggio è composto da 18 uomini: 8 italiani, 6 tunisini, 2 indonesiani e 2 senegalesi.
Il sequestro
Il sequestro era avvenuto il primo settembre, quando i 18 marittimi a bordo dei due pescherecci erano stati fermati dalla guardia costiera di Haftar al largo di Bengasi. Inizialmente i libici avevano preso in ostaggio solo un membro dell’equipaggio per ciascuna imbarcazione, ma poi è stato ordinato a entrambi i pescherecci di seguirli in porto.
Le accuse e lo scambio
Per giorni l’accusa avanzata da parte delle autorità di Bengasi è stata quella di aver violato le acque territoriali, pescando in zone proibite perché di loro pertinenza, in base a una convenzione che prevede l’estensione della Zee (zona economica esclusiva) da 12 a 74 miglia. In seguito, le milizie di Haftar hanno inscenato un sequestro di droga a bordo di uno dei due pescherecci, con foto di pacchi misteriosi posizionati su una banchina di fronte a una delle navi. La seconda accusa è però caduta molto presto. Per settimane dopo il sequestro dei pescatori, Haftar ha richiesto la liberazione di 4 giovani libici che nel 2015 avevano fatto una traversata verso la Sicilia svolgendo un ruolo da scafisti, in cambio della liberazione dei 18 pescatori. Non è chiaro però come sia stata chiusa questa trattativa. Ciò che è sicuro è che la liberazione dell’equipaggio di Mazara si deve al “colloquio” richiesto dal maresciallo Haftar, a cui il presidente del Consiglio Conte e il ministro degli Esteri Di Maio hanno acconsentito a partecipare solo dopo essersi confrontati a lungo con il direttore dell’Aise (agenzia informazioni e sicurezza esterna).
La testimonianza
“In questi 108 giorni abbiamo cambiato quattro carceri in condizioni sempre più difficili. L’ultimo dove siamo stati era al buio, ci portavano il cibo con i contenitori di metallo. È stato davvero molto complicato: accendevano e spegnevano le luci, a loro piacimento” racconta Pietro Marrone, capitano della “Medinea”, durante il primo contatto via radio dopo la partenza dal porto di Bengasi.
L’emozione delle famiglie: “Per noi è già Natale”
“Ce l’abbiamo fatta, ce l’abbiamo fatta! Mio figlio e tutti gli altri pescatori stanno tornando. Ringrazio tutti: Conte, Di Maio, il sindaco, il vescovo, i giornalisti. Non ho parole per riuscire a esprimere tutta la felicità di una mamma e di una nonna che finalmente, dopo 108 giorni, può riabbracciare suo figlio”. Lo ha detto all’ANSA Rosetta Ingargiola, 74 anni, mamma di Pietro Marrone, che insieme a familiari, amici e colleghi dei pescatori si sono radunati davanti al Comune per incontrare il sindaco di Mazara, Salvatore Quinci. “I pescatori hanno già parlato con i loro familiari e sono a bordo dei due loro pescherecci Antartide e Medinea. Anche i loro colleghi musulmani dopo mesi sono riusciti a scambiare qualche battuta con i familiari” ha affermato Quinci.