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In Arabia il Mondiale di calcio 2034, di nuovo bufera sulla Fifa

È arrivata la conferma ufficiale: l’Arabia Saudita ospiterà il Mondiale 2034. La decisione ha alzato un polverone di cui si era già ampiamente parlato circa un anno fa, quando ad ospitare il maggiore torneo calcistico internazionale era stato il Qatar. Ma cosa sta succedendo esattamente? La risposta è più semplice del previsto: l’Arabia è un paese che, negli ultimi anni, ha investito tantissimo nel calcio, dall’acquisto tramite il fondo PIF del Newcastle in Premier League al potenziamento in grande stile del proprio campionato nazionale, la Saudi Pro League. Inoltre, il prossimo Mondiale, nel 2026, verrà giocato in Nord America da Canada, Messico e Usa. L’edizione successiva, invece, quella del 2030, si terrà in Africa (Marocco), Europa (Portogallo e Spagna) ma, in omaggio al centenario del primo mondiale giocato, le partite iniziali si giocheranno in Argentina, Paraguay e Uruguay. Così facendo, in soli otto anni, si dà spazio a tutti i vari continenti, spianando un’autostrada verso Riad.

Neom, la città ospitante che ancora non esiste 

Dove sta dunque il problema? Ci sono molte questioni irrisolte e molte altre che suscitano più di qualche malcontento. Partiamo da Neom, un progetto molto ambizioso e senza precedenti. Stiamo parlando di una megalopoli situata nel mezzo del deserto, completamente artificiale, del tutto sostenibile ma tuttora in fase di costruzione. Ma cosa c’entra tutto ciò con il Mondiale? L’Arabia Saudita ha proposto Neom come sede principale del torneo. Il problema sta nel fatto che questa città, ad oggi, non esiste. Dunque, quando gli ispettori della Fifa hanno visitato il nord-ovest dell’Arabia Saudita hanno dovuto immaginare non solo i vari stadi ma anche l’intera città ospitante. Assegnare il torneo ad un paese che, oltre a progetti ambiziosi, di concreto non ha nulla, dato che possiede una tradizione calcistica a dir poco povera, è un salto nel buio davvero azzardato.

Il Mondiale della disunione

Quando si è deciso di assegnare il torneo all’Arabia Saudita, si è trascurato un passaggio fondamentale: la FIFA non ha richiesto impegni vincolanti per i diritti dei lavoratori e la libertà d’espressione, garanzie che dovrebbero essere ottenute dai vari candidati prima che vengano prese decisioni finali sull’organizzazione dei tornei. Dopo i 6.500 lavoratori morti in Qatar, denunciati dal The Guardian, deceduti nella fase di preparazione del Mondiale 2022, la Sport & Rights Alliance ha dichiarato che la FIFA deve essere pronta a riconsiderare l’assegnazione in caso di gravi rischi per i diritti umani. Ma, in realtà, l’Arabia Saudita rappresenta già un rischio evidente: tra persecuzioni religiose, pena di morte, punizioni corporali e severe limitazioni della liberà d’espressione, le preoccupazioni sono molte. Se veramente “Il calcio unisce il mondo come nessun altro sport, e la Coppa del Mondo è la vetrina perfetta per un messaggio di unità e inclusione”, come affermato dal presidente della FIFA, Gianni Infantino, come si concilia tutto questo in un paese così, in cui anche l’essere omosessuale è punibile con la pena di morte?

Luca Trucco

Studente di scienze della comunicazione attualmente al secondo anno. Aspirante giornalista e grande appassionato di cronaca, sport, con particolare interesse per il calcio, e storia.

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