Rivoluzione AI, fenomeno inarrestabile
Quando si parla di AI ci si riferisce all’Artificial Intelligence, in italiano Intelligenza Artificiale, termine utilizzato in modo generico per indicare le applicazioni che eseguono attività complesse che in passato richiedevano l’intervento umano e che ora sono in grado di eseguire in autonomia simulando l’intelletto umano. Questi sistemi sono dotati inoltre di Apprendimento Automatico (o Machine Learning), grazie al quale possono imparare dai dati, identificare modelli, rilevare anomalie e prendere decisioni con un intervento umano minimo.
Il mercato dell’Intelligenza Artificiale è ormai inarrestabile, anche dal punto di vista del suo impatto economico: già solo nel 2023 il mercato AI è cresciuto del 52%, raggiungendo un valore di 760 mln di euro (Polimi). Ma se c’è chi va in estasi per tali dati e per le potenzialità che l’AI potrà avere per le grandi aziende, i lavoratori sono preoccupati e presi di mira da questa potenza tecnologica: secondo i dati dell’Osservatorio Artificial Intelligence del Polimi, si stima che entro dieci anni oltre 3,8 milioni di posti di lavoro verranno sostituiti in Italia dall’AI.
Quali sono i lavori che verranno dominati dall’AI
Secondo una ricerca del McKinsey Global Institute, entro il 2030 il 30% delle tecnologie sarà automatizzato, favorendo l’ingresso dell’AI in tutte, o quasi tutte, le professioni.
I mestieri più “a rischio” sono quelli in cui si prevedono mansioni legate all’utilizzo di codici e analisi dei dati: programmatori, sviluppatori, ingegneri di software.
Anche per quanto riguarda il settore del marketing, i lavoratori dei call center e gli analisti sono i primi ad essere interessati dallo sviluppo di ChatGPT e delle altre AI: le chatbot vengono già utilizzate come forma di assistenza al custom service, ponendo le basi per sostituire completamente, nei prossimi anni, un operatore in carne e ossa. Una realtà simile si prospetta per gli analisti di mercato: l’AI è infatti già programmata per reperire informazioni da diverse fonti e analizzarle, riducendo sia l’attività di ricerca che quella legata all’immissione dei dati. Senza contare la capacità dell’AI di riportare gli andamenti di una campagna pubblicitaria, suggerendo modifiche e integrazioni.
Per quanto riguarda il settore creativo
Nel settore della creatività i giudizi degli esperti sulla capacità di ChatGPT o delle altre AI di sostituire l’uomo sono contrastanti. I graphic designer hanno mostrato nell’ultimo anno la loro preoccupazione riguardo alle nuove applicazioni capaci di generare un’immagine in pochi secondi, come DALL-E 3. Per il momento non sembrano però creare troppi problemi perché l’AI non è in grado di realizzare contenuti allo stesso livello di un grafico esperto o di un illustratore professionista, in quanto la mente creativa non ritorna nelle sue capacità. Tuttavia, importanti aziende grafiche come Adobe hanno iniziato ad abbracciare le nuove tecnologie, importando l’AI nei loro programmi (come Photoshop), per migliorarne le prestazioni. Ecco allora che il medesimo ragionamento potrebbe interessare anche altri ambiti professionali, come quello del giornalismo e della scrittura creativa.
Bisogna aver paura dell’AI?
Giovanni Miragliotta, direttore dell’Osservatorio Artificial Intelligence, sostiene di dover tenere in considerazione le previsioni demografiche che, a causa dell’invecchiamento della popolazione, prospettano un gap di 5,6 milioni di posti di lavoro entro il 2033. In questa prospettiva (sebbene ancora il 77% degli italiani non veda con buon occhio il progresso dell’Intelligenza Artificiale), la possibile automatizzazione di 3,8 milioni di posti di lavoro appare quasi una necessità per ribilanciare questo problema nel mondo del lavoro.