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Turchia fuori dalla convenzione di Istanbul

78 e 300. Questi i numeri dei femminicidi registrati rispettivamente da inizio 2021 e nel 2020 in Turchia. Nonostante questo, il 20 marzo il Presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha deciso di ritirare la Turchia dalla Convenzione di Istanbul. Il trattato si propone di prevenire la violenza di genere, favorire la protezione delle vittime e punire i colpevoli.

Le motivazioni

La ragione per cui la Turchia è uscita dalla Convenzione risiede nella presenza di leggi nazionali. Infatti, secondo le autorità turche, la legislazione attuale è sufficiente a garantire la difesa delle donne. Inoltre, l’ufficio del Presidente Erdogan ha dichiarato che la Convenzione è “un tentativo di un gruppo di persone di normalizzare l’omosessualità, cosa incompatibile con i valori sociali e familiari della Turchia”. Questo sancisce l’ennesimo passo indietro del paese, non solo per la tutela dei diritti delle donne, ma anche in merito alla salvaguardia della comunità LGBTQ+.

Infatti, già nel 2014 Erdogan aveva affermato che la parità tra uomini e donne è “contro natura”, esortando le donne ad avere almeno 3 figli e sostenendo che “una donna che rifiuta la maternità, per quanto la sua vita lavorativa abbia successo, è carente, è incompleta.” Nel 2020 invece, il governo turco è stato a un passo dall’approvare un disegno di legge chiamato “Sposa il tuo stupratore”. Quest’ultimo avrebbe consentito agli uomini accusati di aver abusato di ragazze minorenni di essere scagionati, semplicemente sposando le proprie vittime. Nel 2016, le proteste di alcune associazioni avevano già bloccato un disegno di legge simile in Turchia.

La Convenzione di Istanbul

45 i paesi firmatari della Convenzione di Istanbul, approvata proprio in Turchia nel 2011. Essa prevede l’eguaglianza tra uomo e donna e definisce la violenza di genere come privazione dei diritti fondamentali degli individui e principale forma di discriminazione. Gli articoli 5 e 6 obbligano gli Stati a prevenire il verificarsi di violenze fisiche e/o psicologiche, attraverso misure che sradichino gli stereotipi tra i due sessi, “incastrati” nella fitta rete di pregiudizi alla base della nostra società. I governi sono tenuti a proteggere le donne che vivono in condizioni di rischio, istituendo centri anti-violenza o rifugi. Infine, le istituzioni hanno il dovere di perseguire i criminali accusati di atti violenti. Questo anche nel caso di ritiro della denuncia da parte della vittima, che potrebbe aver agito sotto costrizione o mossa dalla paura.

Una delle parti fondamentali della Convenzione è sicuramente regolata dall’articolo 3 comma b: «l’espressione “violenza domestica” designa tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all’interno della famiglia (…) o tra attuali o precedenti coniugi o partner (…)» Elemento importante per la protezione dei diritti dei “survivor” (parola con cui si definiscono le vittime di abusi sessuali), poiché le statistiche dimostrano che, molto spesso, le denunce per stupro decadono o vengono ignorate perché lo stupratore si rivela essere il coniuge della vittima. 

I dati

Quella della violenza contro le donne è un’emergenza in Turchia. Infatti, secondo le Nazioni Unite, in particolare WHO (World Health Organization), il 38% delle donne turche ha subito violenza fisica o sessuale da parte del proprio partner. Nel 2017, l’associazione “We Will Stop Femicide” stimava che nel paese circa 409 donne fossero state assassinate dal coniuge. Mentre nel 2018 e nel 2019 in Turchia sono stati conteggiati rispettivamente 474 e 440 femminicidi, secondo le statistiche della piattaforma Kadin Cinayetlerini durduracagiz platformu. Questi sono numeri che tendono ad aumentare esponenzialmente da anni nel paese, motivo per cui molti Stati hanno ripetutamente espresso la loro preoccupazione a riguardo.

Le proteste

L’uscita della Turchia dalla Convezione di Istanbul ha suscitato il dissenso dell’opinione pubblica del paese, provocando lo scoppio di molte proteste. Migliaia di persone sono scese in piazza a Istanbul, Ankara e Smirne, per manifestare contro la decisione di Erdogan. Molti gli slogan utilizzati, come per esempio “Annullate la decisione, applicate il trattato!”. Josep Borrell, alto rappresentante per gli affari esteri e la sicurezza dell’Unione Europea, ha definito la scelta della Turchia come un “messaggio pericoloso” . Anche Joe Biden ha espresso la sua opinione a riguardo, definendo “profondamente deludente” la decisione del Presidente turco.

Giulia Rugolo

Studentessa di giornalismo, MUN Director in United Network, amante di libri, musica, pattinaggio. Scrivo per respirare il cambiamento.

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