Le conseguenze del Coronavirus sul programma Erasmus: il racconto di uno studente LUMSA
Con il Decreto 11 marzo 2020 per il contenimento dell’emergenza Coronavirus, le nostre vite sono mutate velocemente: l’obbligo di stare in casa, la chiusura delle attività non considerate di prima necessità e, non ultima, la sospensione della didattica per scuole e Università. Gli studenti sono stati catapultati in una nuova routine scandita da lezioni online e lauree a distanza, attività in cui il supporto della tecnologia si è rivelato determinante. Non tutti hanno vissuto questa nuova esperienza con facilità, è il caso degli studenti Erasmus, il programma europeo che dal 1987 permette di svolgere parte della propria formazione in un altro Paese dell’Unione.
Per capire le conseguenze dell’emergenza sul progetto UE abbiamo intervistato Gianmarco Scaletta, studente Lumsa di Scienze della Comunicazione, in Erasmus presso Alicante (Spagna), che ha scelto di tornare in Italia.
Come è iniziata la tua esperienza Erasmus e come è stata interrotta dal Coronavirus?
Sono arrivato in Spagna a gennaio e mi sono integrato subito: ho iniziato 6 corsi, stavo migliorando la lingua e avevo già avviato delle amicizie. Il 14 marzo, con l’emanazione del decreto spagnolo, mi sono ritrovato in quarantena, in un Paese che non era il mio e distante dalla mia famiglia. Ho scoperto del contenimento sul sito dell’Universidad de Alicante che ci avvisava in merito alla chiusura delle sedi.
Perché hai scelto di tornare in Italia? Hai trovato supporto nelle istituzioni?
Ho chiamato l’Ufficio Erasmus della Lumsa per ricevere ulteriori informazioni, sono venuto a sapere da loro che non c’era alcun decreto che obbligasse gli studenti Erasmus a rimanere nel Paese ospitante o a rientrare nel proprio. A quel punto ho capito di dover decidere da solo epotendo seguire le lezioni ho scelto il rimpatrio, ma i voli erano stati annullati. L’Ambasciata italiana mi ha aiutato molto e, dopo numerose mail e chiamate, il 20 marzo sono riuscito a prendere un volo da Madrid a Fiumicino (Roma).
Le misure di sicurezza per il contenimento sono state rispettate? Ti sentivi sicuro?
Non sempre, purtroppo. In Spagna i presidi medici erano reperibili, ma costavano molto (50 € per 3 mascherine e un’amuchina). In aeroporto sono state osservate le misure di contenimento, mentre in aereo non abbiamo potuto rispettare la distanza di sicurezza: sono stati predisposti pochi voli rispetto al numero di passeggeri decisi a rientrare in Italia. All’arrivo ci hanno misurato la temperatura prima di lasciarci andare. Il giorno seguente, con l’autocertificazione, ho preso un treno fino a Messina, da lì un traghetto per Palermo su cui ci hanno nuovamente misurato la temperatura. Arrivato a casa, a Mazara del Vallo, ho chiamato il medico di famiglia e mi sono autodenunciato, fino al 5 aprile sono rimasto in quarantena obbligatoria.
Come ha vissuto la situazione la tua famiglia? Era favorevole al tuo rientro in Italia?
Da sette anni mio padre non c’è più, la mia famiglia soffre molto per questo: avere un figlio lontano, in questa situazione, è stata un’ulteriore preoccupazione. “Ringrazio Dio che sei di nuovo qui” sono state le parole di mia madre – che ha dovuto trascorrere con me lauarantena obbligatoria – appena ci siamo visti. Per lei era importante che stessi al sicuro, in Spagna o in Italia.
Sei preoccupato per il proseguimento dei tuoi studi?
Ho interrotto l’Erasmus applicando il principio di “forza maggiore” previsto dal programma. Seguire le lezioni spagnole a distanza non è stato semplice: dei 6 corsi che seguivo solo 2 docenti si sono resi disponibili alla didattica online, mentre gli altri ci hanno lasciato nell’incertezza. Ora sono tornato a seguire i corsi online della Lumsa per non perdere il semestre.
Terminata l’emergenza sanitaria vorresti ripartire per l’Erasmus?
Decisamente sì, avevo già previsto di ripartire il prossimo anno – l’ultimo della triennale – per migliorare anche l’inglese, quest’anno avrei voluto dedicarmi allo spagnolo. Ho studiato tre lingue (compreso il francese) e vorrei potenziarle grazie al programma Erasmus, poiché sono fondamentali per la mia formazione in “marketing e comunicazione”. Sono siciliano, ma da due anni vivo e studio a Roma, sono abituato a viaggiare.
Ti preoccupano le conseguenze economiche che il Coronavirus potrebbe avere sul tuo futuro?
Attualmente, noi studenti Erasmus, viviamo un’incertezza economica legata ai contributi percepiti dall’UE, ancora non sappiamo se dovremo restituirli a seguito dell’interruzione del programma. Per quanto riguarda il futuro, sono consapevole delle difficoltà economiche che affrontava l’Italia anche prima dell’epidemia, ora mi preoccupa il possibile incremento del tasso di disoccupazione e che ciò colpisca me e i miei coetanei, la generazione che sta per entrare nel mondo del lavoro. Dopo la laurea breve vorrei proseguire gli studi, forse a Milano, per occuparmi di marketing nel settore della moda o della cosmesi. Continuerò il mio percorso nonostante i timori: Il mio sogno è lavorare per Versace, punto in alto.
La prima cosa che farai finita l’emergenza Coronavirus?
Vorrei tornare in Spagna, magari una settimana ad Ibiza con gli amici – dopo averli riabbracciati – per ritrovare la spensieratezza e cercare di dimenticare tutto.
Nonostante le difficoltà affrontate, gli occhi di Gianmarco sono pieni di speranza mentre parla del futuro. Questa esperienza ci ha aiutati a capire che non eravamo pronti allo smart working e alla didattica online, ma stiamo affrontando la nuova quotidianità con quello spirito di adattamento che caratterizza l’Italia da secoli e che ci ha resi cittadini europei. Nell’emergenza sanitaria ed economica in cui versa il Paese i giovani studenti con competenze digitali, come Gianmarco, diventano una risorsa necessaria per costruire oggi il futuro di domani, quando potremo finalmente riabbracciarci.