Mondo Lumsa

È morto il professor Dalla Torre, ex rettore LUMSA

Il 3 dicembre 2020 è morto il professor Giuseppe Dalla Torre del Tempio di Sanguinetto, che, tra i tanti incarichi di rilievo ricoperti, è stato Rettore della Lumsa dal 1991 al 2014, dando un forte impulso allo sviluppo dell’Ateneo.
In suo ricordo, riproponiamo, di seguito, un’intervista che nello scorso mese di marzo il professor Dalla Torre concesse ad Aiko

L’università LUMSA celebra quest’anno un importante anniversari: 80 anni dalla sua fondazione.

Anni di storia, di cambiamenti e di crescita grazie al contributo di numerosi protagonisti, innanzitutto la fondatrice madre Luigia Tincani, donna carismatica e tenace che ha avuto il coraggio, con il supporto del Card. Giuseppe Pizzardo, di dar vita nel 1939 all’Istituto Superiore Pareggiato di Magistero Maria Ss. Assunta per religiose, in un contesto storico, culturale e politico particolare per l’Italia. Nel 1967 L’Istituto, con l’approvazione di Papa Paolo VI, modifica il suo Statuto ed ammette le studentesse laiche; è nel 1989, infine, che il Magistero diventa Libera Università (LUMSA), aperta anche a studenti di sesso maschile ed offre nuovi corsi di studio. Non c’è dubbio che la nascita dell’Università LUMSA rappresenta una tappa storica importante che ha contribuito allo sviluppo e alla formazione culturale e professionale delle donne. La pedagogia della madre Tincani è: educare è amare, cioè l’educazione non è soltanto semplice trasmissione di nozioni ma anche formazione integrale della persona, ed è questo che rende l’identità dell’Università LUMSA unica. Oggi la LUMSA ha un’offerta formativa molto ampia e vanta l’apertura delle sedi di Palermo e Taranto.

In occasione dell’ottantesimo anniversario, ho avuto l’opportunità di intervistare il Professore Giuseppe Dalla Torre, Rettore dell’Università Lumsa dal 1991 al 2014.

Che cambiamento ha avuto l’università Lumsa nel tempo?  

Il cambiamento dell’università certamente risponde ad un cambiamento della società a una richiesta, da parte della nostra società italiana, di un più diffuso livello universitario di conoscenza e di professionalizzazione. La crescita è avvenuta secondo una linea che è inserita in quel che chiamerei il patrimonio genetico dell’università, cioè di attenzione alla formazione della persona, all’educazione, quindi non soltanto alla formazione strettamente culturale, intellettuale, professionale. Non è un caso che il primo allargamento che si ebbe dell’Ateneo fu con la Facoltà di Lettere e Filosofia, quindi una Facoltà umanistica secondo canoni tradizionali e subito dopo con Giurisprudenza, con un taglio legato in particolare ad un diverso modo di concepire il diritto, non come strumento di forza o di volontà dei più ma come strumento di giustizia quindi con dietro una filosofia che porta poi di nuovo all’uomo. Poi il resto si è sviluppato conseguentemente, per esempio Scienze della comunicazione, siamo stati tra i primi in Italia ad aprire questo corso di laurea, ma mentre nelle altre università era visto come un corso più sociologico o più tecnologico, per noi ha significato dall’inizio un corso con un taglio più umanistico perché i mezzi sono una cosa, il contenuto che dai ai mezzi di comunicazione poi è un’altra.

Che significa essere un’università cattolica e in particolare che significa oggi?

Io credo che significhi innanzitutto apertura, universale. Quindi apertura e attenzione a tutti perché non è un’università riservata solo ai cattolici. Apertura partendo da un’identità, il che significa da un patrimonio di valori, che è quello che vorremmo trasmettere ai nostri studenti, ai nostri collaboratori e ricercatori. Valori che sono cristiani ma che sono innanzitutto umani: la dignità della persona, i diritti fondamentali, l’eguaglianza, la non discriminazione, la solidarietà, la pace.

La fondatrice madre Luigia Tincani e la sua pedagogia: “educare è amare”:

Io credo che Luigia Tincani non avesse l’idea o l’intenzione di fondare un’università ma fu un’opportunità che le attraversò la vita. Come tutte le persone di grande intelligenza e allo stesso tempo di carisma, ha saputo trasferire su questa esigenza concreta che si poneva allora, un patrimonio di idee e di valori, una concezione dell’uomo, dell’antropologia. Lei era un’educatrice e guardava all’educazione come un processo di umanizzazione. Educare è amare. È importante rilevare il fatto che sia stata una donna a fondare l’università, però è interessante notare che lei all’inizio non avesse intenzione di fondare un’università, lei aveva come preoccupazione il problema di una filosofia dell’educazione cioè di una visione dell’uomo, come far diventare un essere vivente un uomo, il processo di educare cioè aiutare l’altro a tirar fuori le proprie potenzialità, ecco la forma di carità. Ad un certo punto c’erano delle circostanze concrete che le hanno dato l’opportunità dell’università. È indice di intelligenza capire gli strumenti che la storia ti dà e utilizzarli. Mi sono fatto l’idea di una persona molto aperta e audace per i tempi.

Il nostro motto IN FIDE ET HUMANITATE: chi l’ha ideato e qual è il significato?

Il motto è nato dal suggerimento di un professore che ha avuto un grande ruolo nel passaggio da Magistero a Libera Università, il professore Claudio Vasale. In sostanza, vuol mettere in evidenza che la pienezza dell’umanità e la fede non sono cose contrapposte o due parallele che non si incontrano mai, ma la pienezza dell’umanità comporta anche un’apertura di fede. Questo non esclude chi non ha una dimensione di fede perché in realtà tutti, secondo me, siamo in ricerca, anche chi dice di non credere. Direi che è nella pienezza dell’umano che c’è questo desiderio di conoscenza. La fede è affidarsi, è una conoscenza che val al di là delle regole fisiche.

Miriam Martoriello

Siciliana dal cognome napoletano ma romana d’adozione, viaggiatrice e curiosa delle bellezze del mondo. Studentessa di Giurisprudenza, amante della natura, della letteratura, della musica e del teatro, accumulatrice seriale di libri. Credo fortemente nella corretta informazione come strumento per combattere l’ignoranza.

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