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Livatino: sarà beato il giudice “ragazzino” assassinato dalla mafia

Il giudice “ragazzino” Rosario Livatino, nato a Canicattì e assassinato dai mafiosi della “Stidda” il 21 settembre 1990 ad Agrigento, all’età di 37 anni, sarà il primo magistrato beato nella storia della Chiesa. Papa Francesco ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il decreto che riconosce il martirio in “odium fidei “ del Giudice siciliano.

Decisiva per il riconoscimento del martirio è stata la deposizione di uno dei quattro mandanti dell’omicidio, dalle cui dichiarazioni è emerso che chi ordinò quel delitto sapeva che Rosario Livatino era un uomo giusto e profondamente attaccato alla fede e per questo non poteva essere un interlocutore della criminalità. Durante la fase diocesana del processo di beatificazione hanno testimoniato  45 persone sulla vita e la santità di Rosario Livatino, e tra questi anche uno degli esecutori materiali del delitto, Gaetano Puzzangaro. L’uomo intervistato da Tgcom24 si è detto: “assolutamente pentito interiormente per quel gesto compiuto in gioventù; quella mattina speravo con tutto il mio cuore che il dottore Livatino facesse un’altra strada”.

Si conclude così un processo avviato nel 2011 dalla Diocesi di Agrigento, al culmine di una raccolta di prove iniziata nel 1993. Concluso il processo diocesano, la documentazione è stata inviata in Vaticano nel 2018. La cerimonia di beatificazione potrebbe svolgersi nella primavera 2021 proprio ad Agrigento.

La lotta alla mafia e l’assassinio

Il Giudice portava avanti indagini complesse sulle organizzazioni criminali di stampo mafioso. Nella sua attività Livatino si era occupato di eclatanti episodi di corruzione noti come “Tangentopoli siciliana”. La mattina del 21 settembre 1990 il Giudice Livatino da Canicattì, dove abitava, era diretto in Tribunale ad Agrigento quando l’auto sulla quale viaggiava  fu speronata da un commando omicida. Il magistrato, che per sua decisione viaggiava senza scorta, fu inizialmente ferito dai numerosi colpi di pistola e sceso dal mezzo tentò un’inutile fuga ma fu raggiunto ed ucciso. Sul posto si recarono i colleghi del giudice assassinato: da Palermo l’allora procuratore aggiunto Giovanni Falcone, e da Marsala Paolo Borsellino.

Livatino uomo di giustizia e di fede: il ricordo di chi lo ha conosciuto

Enzo Gallo, cugino del magistrato ucciso e componente dell’associazione: Amici del Giudice Rosario Angelo Livatino, lo ricorda come un uomo assolutamente brillante. Tutto il suo vissuto è stato improntato alla Fede e al vivere quotidiano degli insegnamenti del Vangelo, la Fede era il suo faro guida. I mandanti dell’omicidio sapevano della sua correttezza e del suo essere cattolico e per questo lo dileggiavano definendolo “santocchio”. Era un uomo che combatteva la mafia con rigore, impegno e coraggio. Viaggiava senza scorta perchè non voleva esporre a pericoli altre persone e tale rifiuto fu appreso,dopo l’omicidio, da alcune testimonianze e dal rinvenimento della brutta copia della lettera inviata al Prefetto di Agrigento in cui declinava la misura di tutela “per evitare aggravi di spese sicuro di poter raggiungere il capoluogo anche più velocemente”.

Papa Giovanni Paolo II e Papa Francesco

“È un martire della giustizia e indirettamente della fede”, aveva detto Papa Giovanni Paolo II incontrando i genitori del Giudice ad Agrigento nel 1993. Anche Papa Francesco, che ha fortemente sostenuto la causa di beatificazione, ha elogiato il Giudice in diverse occasioni:“Livatino ci ha lasciato un esempio luminoso di come fede possa esprimersi compiutamente nel servizio alla comunità civile”.

Miriam Martoriello

Siciliana dal cognome napoletano ma romana d’adozione, viaggiatrice e curiosa delle bellezze del mondo. Studentessa di Giurisprudenza, amante della natura, della letteratura, della musica e del teatro, accumulatrice seriale di libri. Credo fortemente nella corretta informazione come strumento per combattere l’ignoranza.

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