Culle sempre più vuote, natalità al minimo storico
In Italia la natalità è al minimo storico. Oggi fare figli è considerato un gesto individuale che le madri devono compiere, donne che agli occhi della società devono essere multitasking e perfette, ma che nella realtà sono lasciate sole. Secondo i dati pubblicati dall’Istat relativi all’anno 2023, i nati residenti in Italia sono stati 379mila, con un tasso di natalità pari al 6,4 per mille (di contro al 6,7 per mille nel 2022). La diminuzione delle nascite rispetto al 2022 è di 14mila unità (-3,6%).
Il forte senso di solitudine che avvolge le madri
La solitudine di una madre si manifesta in un’infinità di situazioni, ma quella più comune si ritrova una volta tornata a casa dopo il parto, un momento in cui alla gioia si uniscono la fatica e la vulnerabilità, mentre il partner può rientrare subito al lavoro. In alcuni casi la solitudine può durare per i primi anni di vita dei figli, intrecciandosi a volte con i problemi del contesto sociale in cui viviamo, tra cui il divario economico tra uomini e donne. In una società fortemente giudicante, in cui viene giudicata anche la scelta di non essere madre, c’è chi si trova a dover fare i conti proprio con il senso di colpa, figlio di un retaggio culturale per cui una madre deve essere sempre all’altezza del ruolo, come se fosse solo un fatto congenito. E questo genera inadeguatezza e solitudine. A rappresentare le poche famiglie numerose di oggi c’è Claudia Novelli, mamma di quattro figli, moglie di un militare dell’Esercito, per mesi in missione all’estero. Ha avuto quattro esperienze diverse: se nella prima è andato tutto bene, durante la seconda maternità ha dovuto affrontare, in casa da sola, una grave depressione post-parto, un neonato e un bimbo di due anni da accudire. “Devo ringraziare mia madre che mi è stata vicina. Le donne vengono abbandonate dopo il parto e se non si ha una guida potrebbe succedere il peggio”, ha dichiarato Claudia ai giornalisti dell’Ansa.
Il pensiero degli psicoanalisti sul sentimento materno
Il filosofo e sociologo Umberto Galimberti ha rotto il tabù della sacralità della maternità spiegando come nella donna “si dibattono due soggettività antitetiche: una dice ‘io’ e una fa sentire la donna ‘depositaria della specie’. Questo conflitto è alla base dell’amore ma anche dell’odio materno, perché – ricorda Sophie Marinopoulos, psicoanalista francese, nel suo libro intitolato Nell’intimo delle madri. Luci e ombre della maternità – ogni figlio vive e si nutre del sacrificio della madre: sacrificio del suo tempo, del suo corpo, del suo spazio, del suo sonno, delle sue relazioni, del suo lavoro, della sua carriera, dei suoi affetti e anche amori, altri dall’amore per il figlio”. Tutto questo è oggi amplificato dalla trasformazione della famiglia: isolata e nucleare, è l’ambiente ideale dove si può annidare la disperazione, scrive Galimberti, perché nella solitudine ogni problema, che potrebbe essere relativizzato nel confronto con gli altri, viene ingigantito e considerato ingestibile perché non c’è termine di confronto.