Alla LUMSA un laboratorio sulle attività sportive
Al via il “Laboratorio di metodi e didattiche delle attività motorie e sportive” dell’Università LUMSA di Roma, un laboratorio di 20 ore per i futuri insegnanti di sostegno della scuola secondaria di primo grado sull’attività motoria e sportiva in chiave inclusiva.
Ne abbiamo parlato con il professor Daniele Pasquini, responsabile del laboratorio, in questa intervista.
Come introdurrebbe questo corso ad uno studente della Lumsa?
“Innanzitutto, lo sport è una grande opportunità di inclusione, in particolare per studenti che vivono in condizioni di marginalità sociale o che hanno difficoltà nell’apprendimento. Questo perché l’attività motoria utilizza il linguaggio del corpo e del gioco come linguaggi trasversali. Molte volte, infatti, non aver coltivato l’aspetto motorio nei primi anni dell’infanzia può portare a difficoltà nell’apprendimento negli anni successivi. Tuttavia, bisogna tenere a mente che lo sport, per sua natura, è competitivo e, quindi, anche selettivo. La selezione è determinata dalla scelta delle regole del gioco. L’attività che viene fatta in un’ottica inclusiva deve tener presente l’adattabilità delle regole del gioco, così che questo gioco sia inclusivo e non selettivo.”
Cosa insegna il laboratorio?
“La prima parte del corso cerca di capire quali sono gli ingredienti di cui è composto lo sport. Quando un insegnante ha di fronte un gruppo classe specifico, ha bisogno di inventarsi una ricetta di sport specifica. Significa saper dosare questi ingredienti nella maniera giusta, scegliere se inserire più attività ludica, più attività di movimento, meno competizione o in alternativa, come dosare le regole e quali mettere. Combinare questi ingredienti può dare vita a diversi gusti di sport. Per questo insegnerò a dosare questi elementi così da saper dare il gusto di sport più adatto al gruppo classe. Successivamente approfondiremo l’importanza dello sport nell’educazione e nella formazione della persona, con uno sguardo verso l’antichità e l’attualità.
Si parlerà poi di come l’attività sportiva abbia saputo includere la disabilità, prendendo come punto di riferimento la realtà delle discipline paralimpiche, tenendo a mente che non c’è solo la disabilità fisica, che non c’è solo quella intellettiva relazionale che riguarda le special olympics, ma che esistono tante forme di marginalità che attraverso lo sport possono essere aiutate e sostenute. Di conseguenza, in un’altra parte del corso ci occuperemo di come adattare i giochi anche in funzione di questo, e di quali attività sportive sono già state adattate a tal proposito. In particolare, saranno presenti attività pratiche in cui, a gruppi, si proverà ad inventare delle attività adattate in base ad un contesto di classe ideale, fornito a seconda dei casi.”
Perché è così utile il movimento per l’apprendimento e che relazione c’è?
“La scuola di oggi vive un retaggio culturale in cui anima e mente sono la serie A e il corpo la serie B. Per questo motivo, i modelli di insegnamento sono quasi esclusivamente statici. Nell’antichità era diverso, le scuole erano ginnasi, si faceva ginnastica, lì si faceva attività sportiva e scuola a 360 gradi, si diventava Greci a tutto tondo. Attualmente, ci sono studi neuroscientifici che dimostrano che l’apprendimento è enormemente favorito se fatto in movimento.
L’apprendimento svolto attraverso l’ascolto e l’osservazione comporterà l’attivazione solo di una parte del nostro cervello, mentre se si apprende ascoltando, guardando e muovendosi, il nostro cervello si attiverà quasi completamente. Maggiore è l’attivazione, maggiore sarà la capacità del cervello di assorbire, come una spugna, le informazioni. In Svizzera, ad esempio, si porta avanti un programma di 20 min al giorno nelle scuole, in cui si praticano la matematica e altre materie scolastiche in movimento. In Italia è stata recentemente fatta una sperimentazione simile nelle Marche: l’iniziativa si chiama Scuola in movimento e speriamo di riuscire a renderla una realtà sempre più estesa e concreta.”
Lo sport, per sua natura, è concentrato anche sulla performance e spesso è proprio questa ad essere motivo di esclusione o di inclusione. Come si fa a non escludere il bambino meno bravo e quindi capire quanta importanza deve essere data alla performance sportiva?
“L’obiettivo da un punto di vista educativo è quello di creare dei contesti che riescono a trovare il giusto equilibrio, che è il Flow sportivo, ossia il benessere totale dell’atleta.
Avviene quando c’è equilibrio tra il livello di prestazione richiesto e le capacità dell’atleta. Se si riesce a creare questo, allora si raggiungeranno risultati sportivi buoni che saranno fonte di soddisfazione e autostima, utili a favorire un miglioramento. Quando il compito è troppo difficile o troppo facile, l’atleta sarà meno portato a farlo. Così l’educatore deve avere la capacità di capire il gruppo che ha di fronte e dosare la richiesta di prestazione. Se non si ha questo obiettivo si rischia di allontanare bambini o ragazzi dallo sport.”
Quali sono i valori dello sport che un insegnante deve sapere?
“L’insegnante deve sapere che lo sport è una pratica e, in quanto tale, permette di imparare facendo, dunque di introiettare dei valori agendo. Ad esempio, se io sono un atleta, l’essere atleta mi porterà ad introiettare i valori della costanza e della disciplina. Se faccio lo sportivo questi valori saranno allenati continuamente e diventeranno il mio modo di agire, di essere nella normalità. Questo significa educare. Lo sport non educa tutto, può avere dei valori o dei disvalori e non è detto che i valori dello sport possano esprimersi al cento per cento, dipende dal contesto in cui viene posto. Lo sport porta con sé tanti semi, che sono i suoi valori interni. Se questi semi si buttano sull’asfalto, d’estate, bruciano. Se si mettono su un terreno adatto e fertile, fioriranno. Non dobbiamo chiedere allo sport di essere tutto nell’educazione, ma di fare la sua parte.”