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Galles, Vaughan Gething primo premier nero d’Europa

Le elezioni gallesi per la nomina del primo ministro hanno rappresentato un evento storico per la Gran Bretagna e per l’intera Europa. Il politico britannico Vaughan Gething, ottenendo il 51,7% dei voti, ha vinto il confronto con il suo rivale Jeremy Miles, diventando così leader del Partito Laburista Gallese e ottenendo lo scranno più alto del Senedd, il Parlamento di Cardiff. Gething ha da poco prestato giuramento, succedendo a Mark Drakeford, capo del governo uscente, che aveva già annunciato le sue dimissioni dopo 5 anni di carica. “Oggi, voltiamo una pagina nel libro della nostra storia nazionale. Una storia che stiamo scrivendo assieme. Non solo perché ho l’onore di diventare il primo leader nero di un paese europeo, ma anche perché c’è un ricambio generazionale”: ha dichiarato il ministro. 

Verso una direzione multiculturale

Nato in Zambia da padre gallese e madre zambiana, Gething, sebbene sia il primo afrodiscendente a ricoprire la carica, è il terzo primo ministro non bianco delle quattro nazioni che compongono il Regno Unito. All’appello, infatti, rispondono già il premier britannico Rishi Suank, di origine indiane, e quello scozzese Hamza Youssaf, di famiglia pachistana. Per la prima volta, quindi, in Europa, c’è una persona di colore alla guida di un paese. L’obiettivo della politica di Gething è quello della “devolution”, ovvero il trasferimento di alcuni poteri dal Parlamento alle autorità locali, un decentramento delle funzioni di governo. Egli mira poi a rilanciare la sanità locale, migliorare la rete di trasporti pubblici locali e innalzare la qualità del sistema educativo.

Il ruolo delle persone nere in politica  

Prima del movimento per i diritti civili degli afroamericani negli Stati Uniti, caratterizzato da importanti campagne di resistenza civile, soprattutto tra il 1955 e il 1968, con atti di protesta non violenta e disobbedienza civile, la situazione sociale, economica e politica delle persone di colore era inesistente e osteggiata. 

Una delle figure più carismatiche della lotta contro la segregazione razziale fu, come noto, il reverendo Martin Luther King, premio Nobel per la pace nel 1964, il cui ruolo fu senz’altro decisivo per l’approvazione negli Stati Uniti della legge sui diritti civili. Indimenticabile il suo discorso “I have a dream”, del 28 agosto 1963, di fronte alla folla del Lincoln Memorial di Washington. Il suo sogno era un’America priva di distinzioni razziali, in cui tutti fossero liberi e uguali. L’espressione è diventata un’icona universale poiché Luther King è riuscito a condensare in un discorso di 17 minuti tutta la potenza del suo messaggio, con parole che hanno lasciato il segno: «Sono felice di unirmi a voi in questa che passerà alla Storia come la più grande dimostrazione per la libertà nella storia del nostro Paese». 

Da quel momento la lotta contro il razzismo e la segregazione razziale non è stata più la stessa. Quel discorso pronunciato davanti a 250.000 persone ha avuto un impatto così forte da essere uno dei più studiati, analizzati e interpretati da prospettive diverse (linguistica, teologica, filosofica, comunicativa) in tutto il mondo.  

Giacomo Nicotera

Studente di scienze della comunicazione, aspirante giornalista. Mi piace parlare e scrivere di sport.

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